lunedì 29 agosto 2011

4.3.1 SINTOMI E CAUSE





Questa tesi è dedicata a maestre come me, per cui cercherò di addentrarmi il meno possibile negli aspetti prettamente teorici delle cause della dislessia, fermo restando che, se non sappiamo come funziona il “loro”  particolare cervello, non riusciremo mai ad aiutarli. Elenco quindi e spiego qui alcune delle cause, nella speranza di essere più chiara possibile.

Cosa succede nel cervello di un dislessico? Oggi grazie all’avvento delle tecniche di neuroimmagine è possibile vederlo, grazie anche in particolare alle neuroimmagini dinamiche come la Pet[1]  o la Rmf [2] che sono in grado di mostrare le variazioni di attivazione delle aree cerebrali in conseguenza di determinati compiti e quindi consentono di evidenziare le differenze di funzionamento di zone della corteccia del cervello dei dislessici. Questo conferma le basi neurobiologiche della dislessia.

Ho già accennato prima ad alcuni modi di classificare i gradi della dislessia, ora vorrei riprendere la distinzione  del deficit fatta da Giovanni Bertucchi,[3]a seconda che sia riconducibile ad una lesione neurologica (dislessia acquisita), oppure ad una peculiare organizzazione congenita (dislessia evolutiva). Nel primo caso, il cervello in seguito al danno della sua struttura originale mostra effetti più marcati in fase iniziale, ma successivamente si registra una tendenza a reagire in senso riparativo da parte dei tessuti delle aree circostanti che si assumono la supplenza del mancato funzionamento dei territori cerebrali lesionati. Nel secondo caso, il cervello non sviluppa meccanismi riparatori, né trasferisce le funzioni in aree vicine perché non è danneggiato, è costruito in modo diverso, ma “non sa di essere costruito in modo anomalo”. Continua a funzionare normalmente e solo l’accumulo dell’esperienza fa scoprire che la sua attività produce effetti inadeguati e favorisce i processi di compenso. Questo è proprio il caso dei disturbi specifici di apprendimento, come  la dislessia.

Le cause della dislessia non sono solo neurologiche, si ipotizzano infatti varie concause. Le ricerche di genetica molecolare hanno apportato ulteriori elementi per quanto riguarda il fattore familiarità, esistono infatti ormai molte ricerche (esempio quella della Finlandia riportata anche da Giacomo Stella nel suo libro[4]) che attestano che la dislessia evolutiva viene trasmessa per via genetica e sono stati anche individuati i cromosomi in cui sono allocati i marcatori genetici che determinano le alterazioni linguistiche caratterizzanti il fenotipo della dislessia (per questo si parla di trasmissione di origine genetica prevalente).

E’ molto difficile stabilire le cause del disturbo, visto che spesso cause e sintomi si intrecciano; proverò adesso ad illustrarne alcune cercando di non entrare troppo nello specifico, poiché questa illustrazione delle cause è funzionale in questo testo solo per meglio comprendere i vari tipi di disturbi e quindi i vari tipi di attività rieducativa da adottare in relazione a questi.

Un tipo di categorizzazione dei sintomi della dislessia evolutiva può essere fatta considerando tre differenti livelli: un livello fonologico, un livello visivo (Cornoldi, 1999)[5] e livello uditivo.



[1]              Tomografia ed emissione di positroni
[2]              Risonanza magnetica funzionale
[3]              Giovanni Bertucchi (filosofo italiano), Cfr.pag. da 36 a pag. 38 di Stella G., La dislessia: quando un bambino non sa leggere, cosa fare, come aiutarlo, Mulino 2004.
[4]              Stella G., La dislessia: quando un bambino non sa leggere, cosa fare, come aiutarlo, Mulino 2004.
[5]             Cornoldi  C. Le difficoltà di apprendimento a scuola, Ed. Il Mulino, Bologna,1999.

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